Padre Antonino è sempre vivo

Ricordo a 107 anni dalla sua nascita, 22 giugno 2022.

22 giugno 1915 – 22 giugno 2022

Per coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo e frequentarlo, Padre Antonino è sempre vivo; per gli altri, invece, egli vive nei libri che ha scritto. Questo in sintesi vuol dire commemorare, ricordare.

La forma ed il nome (namarupa) sono solo limitativi, legati alla esistenza del corpo producono gioia e dolore. Se invece riusciamo a superare queste limitazioni, allora vi sarà solo felicità che egli ha saputo sempre donarci.

In una lontana sera del mese di Giugno, seduti sugli scalini del giardino di Via Metastasio ad Assisi, dopo aver molto parlato, domandato ed aver ricevuto le giuste risposte, mentre il sole all’orizzonte, si avviava al tramonto ci fu un imperativo: “adesso smettiamo di parlare; è ora di restare in silenzio mentre il sole sta scendendo dietro le colline. Assaporiamo questo momento magico.”

Quelle parole sono rimaste vive per sempre e vengono sussurrate, come allora, facendo si che la mente cessi di pensare ed entri in uno stato di quiete dove non esiste il tempo, dove si vive un vuoto totale che non è vuoto ma pienezza, dove il corpo travalica le sue dimensioni e diventa coscienza che si espande nell’intero Universo.

Non siamo più semplicemente uomo o donna, ma farfalla che si posa ora su un fiore ora sull’altro, rondine che sfreccia nel cielo, esile filo d’erba, petalo profumato, pesce che nuota nell’acqua, cane che abbaia in lontananza, sussurro del vento fra i rami degli alberi, foglia che ondeggia, gatto addormentato, raggomitolato su se stesso, nube che viaggia nel cielo trasportata dal vento, parlar sommesso delle persone nella strada.

Questo allora semplicemente vuol dire ricordarlo, entrando in quello stato nel quale vengono meno le coppie degli opposti, cioè entrando profondamente in noi stessi:

Om. Sappi adesso che in questo corpo che è la città del Brahman, esiste una magione che sembra un fiore di loto. In essa vi è un piccolo spazio vuoto. Si deve cercare ciò che si trova in quello; si deve desiderare di capire proprio quello.” (Chandogya Upanishad – cap VIII).

Questo ci aveva insegnato: a non cercare fuori quello che è già dentro di noi, e per questo noi lo ricordiamo e lo ringraziamo per sempre.

Maurizio Berruti